Aiello e quell’approccio marketing ante litteram

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“Caffè Aiello. Dalle radici alle nuove sfide: la torrefazione calabrese nel racconto di Gaetano Aiello”

• NOTIZIARIO TORREFATTORI, marzo 2022, autore Alberto Medda Costella

“Mio nonno era del 1931 e in Calabria faceva il rappresentante plurimandatario per aziende alimentari. Prima ha cominciato come garzone in una bottega, poi ha fatto esperienza da venditore sostituendo il proprietario, che notò in lui una spiccata propensione al commercio. Partiva la domenica sera e faceva ritorno a casa il sabato mattina, dopo aver girato palmo a palmo l’intera regione. Da lì si è appassionato al caffè, vendendo miscele di un marchio molto noto nel dopoguerra. Il passo successivo è stato l’acquisto di una tostatrice a legna”.
Inizia in questo modo la storia come torrefattore di Gaetano Aiello. A raccontarlo è il nipote omonimo di 38 anni.

Le vicende personali di Aiello senior ricalcano quelle del perfetto self-made man, intrise di sacrificio e di tanta passione, ma soprattutto di umanità e simpatia innata.
Fin da subito è stato affiancato dai suoi due figli, Emilio e Guerino, oggi amministratori, ma all’epoca fondamentali per l’inserimento dell’azienda nel mercato calabrese.
“Io e mio cugino Matteo non sappiamo se considerarci terza o seconda generazione, perché la prima è iniziata con mio nonno, ma con l’aiuto di mio padre e mio zio” riprende Gaetano.
Nel 1984 Aiello trasferisce la produzione dal magazzino di casa al nuovo stabilimento, che oggi risulta essere il vecchio, facendo il sottovuoto per proporsi nella grande distribuzione.
A spingere questo inserimento l’utilizzo di un logo accattivante realizzato alcuni anni prima, in un periodo in cui solamente grandi aziende potevano permettersi operazioni di questo tipo. All’epoca il marketing non esisteva, così come non si dava troppa attenzione al passaggio generazionale.

“L’ingresso in azienda è colpa di mio nonno – racconta Gaetano -. Quando eravamo bambini portava me e Matteo in giro in macchina e ci raccontava i vari aspetti della torrefazione, facendoci credere che fossero dei segreti. Inoltre i nostri genitori hanno sempre parlato di lavoro davanti a noi. Quando a 18 anni ho manifestato a mio padre la volontà di frequentare l’università mi disse che la cosa gli faceva enormemente piacere, ma mi raccomandò di non avere fretta ad entrare in azienda, perché sarebbe stato contento se mi fossi realizzato nel mio lavoro. Più avanti capii che era un modo per non forzarmi e per spingermi a compiere una scelta spontaneamente”.

Una sensibilità che la famiglia Aiello ha mostrato anche nel tessuto sociale e culturale, inteso soprattutto come modo di render grazie al territorio e ai consumatori, sostenendo fin dagli albori attività sportive e culturali, che ha raggiunto il culmine con la collaborazione con Cinecittà e l’Istituto Luce, che ha portato il marchio Aiello ai festival di Venezia, Cannes e Berlino.
Oggi la torrefazione che ha sede a Rende, in provincia di Cosenza, conta 36 dipendenti, impiegati in uno stabilimento avveniristico inaugurato il 25 gennaio 2021, all’avanguardia non solo per il linguaggio architettonico utilizzato, ma anche per tecnologia e automazione.
Il caffè è distribuito capillarmente in tutta la regione ed è venduto in Svizzera, Germania, Canada e Cina, anche se, spiega Gaetano “nessuno fa una struttura del genere per poi rimanere dov’è.
Siamo, però, nel pieno del nostro investimento, in un periodo in cui i super rincari delle materie prime hanno un peso, ma ci sentiamo pronti per lavorare bene non appena la situazione tornerà alla normalità”.
Con una presenza nell’e-commerce e l’ingresso nella piattaforma Alibaba, il futuro fa ben sperare.
Rimane lo spazio per una riflessione generale sul nostro mondo e su come ci si possa difendere dall’ingresso in Italia di multinazionali attrezzate e competenti.

Conclude, infatti, Gaetano Aiello “noi italiani siamo gli inventori dell’espresso, però è pur vero, e lo dico con tono provocatorio, che spesso si bevono caffè più buoni al di fuori dei nostri confini nazionali. È un tema su cui dobbiamo riflettere, perché saremo anche bravi a creare, ma abbiamo evidenti difficoltà a gestire quanto realizzato.
Nel nostro paese siamo oltre 900 torrefattori, ma se rincorriamo il prezzo si va verso un abbassamento generale della qualità. L’ingresso di Starbucks o Nescafé, se da un lato ci penalizza, dall’altro ci aiuta a diffondere varie tipologie di estrazione, soprattutto il monoporzionato, perché se io oggi posso vendere una capsula in Marocco lo devo proprio a loro, però vedere che siano proprio loro a mostrarci come si deve fare il caffè ci deve far riflettere”.