“Il racconto di Massimo Pazzini. La Caffè Pazzini tra etica del commercio, arte e caffè bio”
• NOTIZIARIO TORREFATTORI, settembre 2021, autore Alberto Medda Costella •
“Non sono figlio d’arte. Ho iniziato da dipendente e per passione, per poi passare a un locale tutto mio nel 2000. In un bar si fa di tutto, ma fin dalle prime esperienze lavorative ho sempre avuto un debole per il caffè. Se quando ho aperto mi servivo di una miscela di un’altra torrefazione, nel 2001 sono passato a tostare il caffè davanti ai clienti con una macchina da un chilo, facendone una vera e propria attrazione” spiega Massimo Pazzini, romagnolo, oggi proprietario dell’omonima torrefazione.
Lo stabilimento della Caffè Pazzini si trova attualmente a Coriano, immerso nel verde delle colline riminesi, mentre il locale è stato dato in affitto nel 2013 grazie a un ramo d’azienda.
La storia del signor Pazzini è la dimostrazione che pur non avendo una tradizione famigliare alle spalle, con impegno e sacrificio, è possibile avere delle belle soddisfazioni.
“Nonostante gestissi un piccolo bar, acquistavo tanti crudi e contestualmente facevo parecchi corsi di aggiornamento. Nel 2004 ho fatto i campionati italiani di caffetteria e a inizio 2014 sono andato lavorare in modo continuativo nell’azienda che guido tutt’oggi”.
Il marchio Caffè Pazzini risale al 2006, mentre il capannone è stato acquistato nel 2009. Il signor Pazzini ha, quindi, fatto per 4 anni contemporaneamente il tostatore e il barista.
“Nessuno mi ha obbligato a imbarcarmi in quest’impresa, anche perché il locale collocato dentro al mercato coperto di Rimini ha dei costi fissi molto ridotti. Devo ammettere che l’avvio della torrefazione è stata una scelta un po’ azzardata, anche se poi alla fine mi è andata bene. Se avessi voluto garantirmi la tranquillità economica sarei rimasto dov’ero”.
È il cuore che guida questo torrefattore e tra i suoi piaceri troviamo anche la pittura. I primi caffè li ha voluti chiamare “miscele d’autore”, in onore di alcune sue opere. La confezione di ognuna riprendeva infatti un quadro a olio.
“Ho detto: ma perché non faccio dei quadri sul caffè? Tutte opere frutto della mia immaginazione. La mia idea era quella di unire l’arte al caffè”.
L’altra grande passione del signor Pazzini sono i macinini antichi. Ne possiede un centinaio, ottenuti tra acquisti alle fiere e regali. “In azienda ho alcuni pezzi, ma non ho uno spazio dedicato. Se un domani dovessi allargarmi, mi impegnerò per creare un’area dedicata”.
La particolarità del marchio Pazzini è però un’altra: l’essere bio. Agli inizi si tostavano solamente caffè tradizionali, ma viste le convinzioni aziendali si è voluto creare un brand apposito per questo settore di produzione, o meglio, lasciare il caffè biologico con la firma del fondatore, e dar vita a uno nuovo per quello classico: Nuova Caffeina. Due marchi con due prodotti.
Il Caffè Pazzini è distribuito in tutta Italia. Nuova Caffeina lavora soprattutto nel territorio. Ma è bio il settore in cui il signor Pazzini crede maggiormente, tanto che la linea dei distillati è tutta votata a questo ramo, prodotti da un liquorificio di proprietà rilevato da alcuni anni.
“Abbiamo mantenuto il brand del Caffè Pazzini. Le prime tre bottiglie erano al caffè, caffè e liquirizia e caffè e cioccolato. Una dimensione 50 cl. Il prodotto andava bene e abbiamo preso il nostro giro. Poi a un certo punto il liquorificio che lo produceva mi ha proposto di rilevare lo stabilimento, proponendosi di trasferirmi le competenze acquisite nel tempo. Accettai e ora è mia moglie a occuparsi dei liquori. Ai tre iniziali ne abbiamo così aggiunto altri quattro con cioccolato puro, liquirizia pura, crema di ginseng e crema di nocciolino, integrando nell’offerta il formato da 20 cl”.
Come per altre torrefazioni il lockdown ha influenzato l’andamento economico della Caffè Pazzini, peraltro in un momento di grandi investimenti per la torrefazione (riscatto del capannone, nuovi macchinari, nuove linee del biologico e del gourmet). C’è una cosa e un pensiero che fa molto onore a questa azienda ed è l’etica che la guida nel rapporto con gli altri. “Ai fornitori non abbiamo mai rimandato indietro una partita. Dico sempre che un manager che ha creato un’azienda, un marchio o una bella immagine, se non è una bella persona non ha creato niente. I pagamenti devono essere sempre rispettati. Uno che ha una partita IVA e non onora le scadenze lo paragono a colui che ha una patente e guida l’auto ubriaco. Dare una partita IVA a una persona che non rispetta i principi del commercio è un danno per la categoria”.
C’è bisogno di fiducia verso il sistema, di fede verso il prossimo, a servizio di un settore che mai come in questo periodo ha bisogno di credere in qualcosa.