Il caffè in capsule e l’impatto ambientale

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“I rischi per il futuro”

• NOTIZIARIO TORREFATTORI, agosto 2019, autore Marco Valerio Francone • 

Il caffè in capsule rappresenta una dei maggiori prodotti consumati sia a livello Ue che a livello mondiale.
La diffusione di strumenti sia professionali che domestici per l’erogazione di caffè, unito alla sempre maggiore necessità di contenere i tempi (ed i costi), hanno spinto il caffè in capsule verso i vertici degli alimenti più acquistati.
Sotto la spinta commerciale di alcune multinazionali verso una nuova tipologia di consumo di questo alimento, ovvero il caffè in capsule, le abitudini e le logiche imprenditoriali di una buona parte del pianeta stanno velocemente cambiando.
Se guardiamo ai numeri della sola Europa occidentale il caffè in capsule o cialde rappresenta un mercato di circa 18 milioni di euro in costante crescita.
In Italia, i numeri sono ancora maggiori con una crescita dei volumi di 10 volte superiore rispetto al caffè macinato (dati 2018).
Anche le previsioni per i prossimi 8 anni circa ipotizzano un raddoppio del consumo di caffè in capsule rispetto ai dati 2017/2018. Ma questa crescita è a costo zero? La risposta è “no”.

L’impatto ambientale del caffè in capsule
La facilità di utilizzo del caffè in capsule è solo ciò che il consumatore percepisce quando decide, consapevolmente, di consumare un caffè.
La facilità di utilizzo nonché l’ampia scelta di gusti e tipologie ha spinto il mercato verso questa nuova tipologia di consumo.
Inconsapevolmente, però, la maggior parte degli utilizzatori ignora le fasi del processo che portano sia alla produzione di una capsula sia e soprattutto al suo smaltimento. Ogni giorno centinaia di milioni di consumatori in tutto il mondo producono decine di migliaia di tonnellate di imballaggi da destinare a discariche e inceneritori.
L’acquisto di caffè in capsule comporta indubbiamente un minor spreco del caffè stesso, questo in quanto in commercio esistono confezioni che contengono più tipologie di prodotto che possono quindi essere conservate sia a livello professionale che domestico limitando spazi, perdite di prodotto, deterioramento dello stesso per apertura delle confezioni. Inoltre non vi sono spechi dovuti alla preparazione della macchina o della moka.
Apparentemente il semplice gesto di inserire una capsula ed erogare il caffè non produce alcuna problematica. Però vi sono una serie di aspetti che impattano negativamente:
In primo luogo la composizione delle capsule, realizzate con materiale non riutilizzabile e derivanti da fonti non rinnovabili.
La maggior parte delle capsule, infatti, è composta da materiale plastico (polietilene PE e polietilentereftalato PET), alluminio e fondi di caffè.
Di fatto la composizione della capsula di caffè non permette un suo riciclo se non con processi che implicano un consumo energetico aggiuntivo con conseguente impatto ambientale, più elevato.
Inoltre la presenza di un imballo secondario per la vendita del caffè in capsule, solitamente cofanetti o confezioni in cartoncino verniciato, implica una ulteriore gestione di materiale.
E ancora se si pensa ai materiali che compongono la capsula ed in particolare all’alluminio, l’elemento di base per la produzione di tale materiale è la bauxite, tratta per lo più attraverso la deforestazione (miniere a cielo aperto in Brasile ed altre zone tropicali), inoltre il processo di produzione dell’alluminio, molto complessa, richiede un consumo energetico elevato e produce scarti anche tossici (fanghi e fumi).
Per chi conosce e svolge studi di LCA (Life-Cycle Assessment), studi sulla carbon footprint e water footprint, comprende subito che tale prodotto han valori molto peggiori di taluni altri prodotti alimentari.

L’utilizzo delle biocapsule
Alcuni produttori hanno iniziato a proporre capsule realizzate con plastiche biodregadabili e/o materiali compostabili. Ma questa soluzione apparentemente vantaggiosa, è davvero percorribile? Il caffè in capsule biodegradabili e/o compostabili permette di smaltire sia il caffè che la capsula direttamente come frazione di rifiuto organico, inoltre concorre alla riduzione del consumo di bauxite ed idrocarburi che sono i componenti primari delle normali capsule da caffè. Tuttavia non risolvono il problema di ridurre il materiale di imballaggio (cartoncino e confezione secondaria) né quello di poter essere riutilizzate, né migliorano la produzione di compost nella sua fase finale di setacciatura.

E per la salute?
Attualmente l’utilizzo di questa metodologia di consumo espone il consumatore a rischi superiori rispetto al caffè macinato. Ci riferiamo soprattutto a furani e metilfurani che si sviluppano a condizioni di alta temperatura ma che sono altamente volatili.
L’utilizzo di capsule confina in uno spazio molto ridotto il caffè che di fatto non impedisce la dispersione dei composti organici. Inoltre nella sua fase di dosaggio nella macchina da caffè, il prodotto è sottoposto a forte stress termico che aumenta la concentrazione di metilfurani e furani.
A tal proposito si ricordano le misure di attenuazione e relativi livelli di riferimento previste nel Regolamento UE 2158 del 2017.