MEMBRO ICO codice n. 17 Gruppo “altri dolci”
SACCHI da 69 kg in juta (tara 1 kg)
FIORITURA da maggio a giugno
RACCOLTO da ottobre a dicembre
ESPORTAZIONE da dicembre a settembre
PORTO DI IMBARCO PRINCIPALE Puerto Cortés (Honduras)
PRODUZIONE ANNUA* 2016/2017: 740 * (x 1000 sacchi, fonte ICO, anno raccolto da ottobre a settembre)
Il caffè venne introdotto in Nicaragua nel 1796 come pianta decorativa. Fu solo nel 1824 che cominciò ad essere coltivato sull’altopiano del versante Pacifico nelle province di Carazo e, successivamente, in quelle di Managua. Nel 1841, piccoli quantitativi di caffè (circa 800 sacchi all’anno) vennero esportati in Europa assieme ad altri prodotti agricoli come indaco, cotone e tabacco.
I terreni più adatti per la coltivazione di caffè in Nicaragua tuttavia si rivelarono essere quelli appartenenti alle alture della catena montuosa centrale, in particolare nelle regioni di Segovia, Jinotega and Matagalpa, soprattutto per il terreno vulcanico molto fertile, il clima umido tropicale e la vegetazione rigogliosa.
Queste regioni però appartenevano per la maggior parte alle popolazioni locali, che si trovarono quindi sospese tra gli interessi dei baroni del caffè e i grossi profitti previsti dalla coltivazione del prodotto.
Tutto questo portò inevitabilmente all’eliminazione sistematica dei nativi, conflitto che durò diversi anni. Coloro che non vennero eliminati furono schiavizzati e costretti a lavorare nelle piantagioni in quella che fino a poco tempo prima era la loro terra.
Nel 1881 diverse migliaia di Indiani si ribellarono e attaccarono la sede del governo in Matagalpa chiedendo la fine del lavoro forzato. L’esercito nicaraguese soppresse la rivolta uccidendo oltre un migliaio di indigeni. Nonostante ciò , la resistenza continuò per molti anni e la coltivazione di caffè in Nicaragua rimase per lungo tempo un lavoro piuttosto rischioso da intraprendere.
Tra il 1936 e il 1979 il Nicaragua passò sotto il controllo dittatoriale della famiglia Somoza, prima attraverso il padre e successivamente con i suoi due successori. In quegli anni, in particolare durante la fase finale del loro dominio, il Nicaragua conobbe una crescita economica molto importante, dovuta in particolare agli investimenti effettuati a livello di infrastrutture, educazione pubblica, sviluppo rurale ed espansione industriale. Il record dei prezzi nei mercati internazionali di caffè e cotone, le culture principali del paese in quegli anni, diedero la spinta finale.
La dittatura dei Somoza, tuttavia, fu anche un periodo caratterizzato fortemente dalla corruzione, repressione, e un benessere fortemente concentrato nelle mani di elite molto ristrette. Tutto ciò contribuì ad esasperare le ineguaglianze e i risentimenti tra le popolazioni meno privilegiate. Questo malessere dal punto di vista politico proseguì a lungo e i ribelli attraverso il Fronte di Liberazione Sandinista, presero le redini del paese nel 1979, implementando una serie di riforme socialiste tra cui la nazionalizzazione delle banche, la distribuzione delle terre attraverso riforme agrarie e l’istituzione delle cooperative controllate dallo stato. Queste politiche tuttavia finirono per portare ancora più disuguaglianze e risentimenti tra la popolazione.
Il governo infatti attraverso la Enecafe (Ente caffeicolo statale) cominciò a controllare l’intero settore caffeicolo. I produttori furono costretti a vendere il loro caffè a 10 centesimi per libbra mentre l’Enecafe lo rivendeva presso i mercati internazionali a $2 per libbra.
L’instabilità dal punto di vista politico che dominò il paese in questi 50 anni assieme a diverse catastrofi naturali subite devastarono la produzione di caffè in Nicaragua e di conseguenza le vite dei coltivatori costretti ad emigrare in Panama, Costa Rica e negli Stati Uniti alla ricerca di migliore fortuna.
Nel febbraio del 1990 il Nicaragua inaugurò un nuovo capitolo nella sua storia con le prime elezioni democratiche, in cui Violeta Barrios de Chamorro venne eletta Presidente. Col ritorno alla democrazia, il Paese conobbe un processo di ricostruzione post-conflittuale senza pari e ben tre elezioni libere consecutive.
CRISI DEL CAFFÈ
Il caffè costituiva ben il 30% delle entrate generate da prodotti agricoli del Nicaragua, il 50% delle esportazioni di prodotti agricoli e il 25% delle esportazioni totali quando i prezzi collassarono tra il 1999 e il 2003.
Oltre a ciò una serie di calamità naturali abbattutesi sul Paese come l’uragano Mitch del 1998 e la siccità degli anni 1999-2001 contribuì ad aggiungere tensione sul mercato.
Fu così che nel 2003 venne raggiunto un accordo tra le parti attraverso la riforma nota come El Acuerdo de las Tunas in cui più di 3000 famiglie rimaste senza terra ricevettero piccoli appezzamenti di terreno in proprietà.
Da quel momento vennero intensificati gli interventi di collaborazione atti a migliorare la qualità del prodotto e i piccoli proprietari ricevettero ulteriore sostegno per diversificare le loro colture e produrre qualità che riuscissero a competere nei mercati internazionali.
LAS HERMANAS
Las Hermanas (dalle spagnolo “le sorelle“) è una cooperativa di coltivatori di caffè nicaraguesi composta 200 membri ed è formata da sole donne. Venne fondata nel 2001 da Fatima Israel, un’agronoma che si rese conto che il caffè processato e lavorato dalle donne veniva poi valutato superiore in fase di assaggio. Decise così di selezionarlo creando un marchio separato. Oggi, Las Hermanas collabora con due associazioni no profit come Grounds for Health e Coffee Kids, ed è molto vicina dall’essere autonoma dal punto di vista finanziario.
NICARAGUA SHG MATAGALPA MARAGOGYPE
LAVORAZIONE: lavato
ZONA DI PRODUZIONE: Matagalpa
ALTITUDINE: 1600 m
VARIETÀ BOTANICHE: 90% di grani Maragogype
COLORE: verde brillante
TOSTATURA: una City roast ne esalterà le note più agrumate e sentori dolci di biscotti al malto e miele. Per far emergere invece toni più caldi di nocciola e caramello si consiglia di spingersi su una Full City + a due minuti circa dal primo crack.
TAZZA: equilibrata con un corpo fine e aroma cioccolatoso. L’acidità non eccessivamente marcata e gradevole lo rende perfetto per il suo utilizzo come singola origine. Il retrogusto è pulito, dolce e cremoso.
Rubrica a cura di
Alberto Polojac