Monografie “PERÙ”

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MEMBRO ICO codice n. 30 Gruppo “altri dolci” (other milds). 
SPECIE BOTANICHE Arabica lavati. 
SACCHI da 69 kg in juta o fibra naturale (tara 0,5 kg). 
RACCOLTO da luglio a settembre. 
ESPORTAZIONE da ottobre. 
PORTO DI IMBARCO Callao-Lima. 
PRODUZIONE ANNUA 2016: 4.200*. 
*) x 1000 sacchi, fonte ICO, anno raccolto da ottobre a settembre.

 

Capitale: LIMA
Lingue parlata: spagnolo, quechua e aymara
Area totale: 1.285.200 km²
Moneta: Sol (PEN)
PIL: Totale $410 miliardi, Pro capite $ 5,500
Paesi confinanti: Ecuador e Colombia a Nord; Bolivia e Cile a Sud; Brasile a Est


L’arrivo delle prime piante nel continente americano nella prima metà del 1700, diede avvio alla coltivazione di caffè anche nel Perù, in particolare nelle regioni di Moyobamba, Jaén e Chanchamayo lungo la cordigliera delle Ande. La produzione iniziale si incentrava unicamente sulla qualità Arabica typica ed era quasi esclusivamente destinata al consumo interno. Dal 1850 aumentarono le piantagioni dedicate unicamente alla coltivazione di caffè, fino ad allora coltivato assieme ad altre colture come la canna da zucchero, coca, tabacco e cacao.
Fu solo però dal 1930, con l’introduzione di altre varietà come il Bourbon, Caturra e Catimor, che le esportazioni iniziarono a crescere in maniera decisiva, grazie anche a numerosi interventi volti a facilitare i trasporti e gli spostamenti all’interno del Paese.
Grazie a numerosi incentivi e ai capitali provenienti da molti governi europei, su tutti quello inglese, i coltivatori peruviani ebbero la possibilità di valorizzare il proprio prodotto dal punto di vista qualitativo. Nella zona intorno alla valle di Chanchamayo il numero di benficios che permettevano di processare il caffè si moltiplicarono rapidamente consolidando quella regione come zona cafetalera di prestigio mondiale.
Purtroppo lo sviluppo del Paese è stato per anni rallentato da lunghi periodi di incertezza economica e instabilità politica. Solo nell’ultimo decennio i produttori hanno potuto investire molto sulla qualità.
La spinta maggiore è stata data dalla creazione di cooperative di piccoli coltivatori e dal sostegno di associazioni private come la Camara Peruana de Cafè, il cui obiettivo principale è quello di promuovere l’immagine del caffè peruviano nei mercati internazionali e la formazione dei produttori locali attraverso specifici corsi di aggiornamento.
La criticità più importante per i coltivatori è costituita dalla carenza di infrastrutture moderne. Sono necessarie infatti diverse ore di viaggio per raggiungere i centri di raccolta o di lavorazione più vicini ed in molti casi il caffè viene trasportato a bordo di un carretto a piedi o trascinato da un mulo.
Oggi il caffè coltivato in Peru è ancora per larga parte di varietà typica, in un’area complessiva di 230.000 ettari distribuita in 210 diversi distretti e costituisce il 2% sul totale di merci esportate.
A livello globale è l’ottavo produttore mondiale per volume complessivo.

 

Guano peruviano e caffè organico

Se oggi il Perù è il secondo paese produttore di caffè organico (prodotto cioè senza l’ausilio di concimanti e fertilizzanti chimici) il merito è per gran parte delle sue condizioni microclimatiche e della civiltà Inca che per secoli ne ha sfruttato l’enorme potenziale.
L’origine di questa tradizione risiede infatti nel fatto che le isole intorno alla costa peruviana sono state una riserva naturale di guano, fertilizzante organico ricco di nitrati, fosfati e sali minerali utilizzato molto fino al secolo scorso.
Il termine “guano” deriva dalla lingua quechua delle Ande wanu e significa “escremento di uccello”. Le isole Chincha situate lungo la costa sud-occidentale risiedono infatti all’interno di un ecosistema molto ricco favorito dalla corrente di Humboldt, che fluisce verso l’equatore. Da qui proviene circa il 20% dell’intero prodotto pescato nel mondo ed è di conseguenza una zona popolata anche da un numero considerevole di volatili. Qui per secoli il guano prodotto è stato raccolto e usato come fertilizzante naturale dalle popolazioni Inca molto prima che arrivassero i conquistadores europei. La scoperta di queste riserve da parte dei coloni servì ad avviarne l’esportazione e diede avvio alla cosiddetta Guano Age, un ventennio di prosperità e sviluppo per il Paese che ebbe inizio nel 1845 sotto l’amministrazione del presidente Ramon Castilla.
Oggi il caffè organico prodotto in Perù segue ancora le pratiche derivanti dalla tradizione delle popolazioni Inca ed è per questo uno dei più apprezzati al mondo.

 

 

Raul Mamani

Questo piccolo produttore di etnia Aymara situato nel distretto di San Pedro di Putina Punco nella regione di Puno, produce caffè di alta qualità costituiti da una miscela di varietà Caturra – Bourbon e Gesha in un’area di circa 2 ettari situata a un’altitudine tra 1600 e 2000 metri sopra il livello del mare. Ha iniziato l’attività come coltivatore di caffè nel 1996 ed è certificato come produttore di caffè organico dal 1998. Nel suo cafetal da qualche anno risiedono anche 6 Coatì, piccoli mammiferi della famiglia dei Procionidi, che oramai fanno parte della famiglia di Raul e sono trattati come fossero animali domestici.
Come i più famosi zibetti indonesiani, questi animaletti si nutrono di ciliegie di caffè mature che poi “processano” all’interno del loro intestino; riescono a produrre circa 1 kg di caffè defecato al giorno che viene commercializzato con il nome “Ucunhari”.

 

 

Tunkimayo lavato caratteristiche in tazza


Questo caffè è come detto un blend di Caturra e Bourbon con un 20% di varietà Gesha.
Proprio quest’ultima varietà rende il profilo aromatico in tazza molto complesso, floreale e fruttato. Al palato colpisce immediatamente per la sua acidità complessa, principalmente tartarica, equilibrata da note dolci di caramello e miele. Il retrogusto è estremamente pulito, complesso e persistente con note limpide di bergamotto e cardamomo. Dal 2005 ad oggi questo caffè ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale e di recente alla fiera di caffè speciali di Seattle ha ricevuto il premio come miglior caffè del mondo.

 

Rubrica a cura di
Alberto Polojac