“Analisi e opinioni a confronto sul settore caffè, post Covid”
• NOTIZIARIO TORREFATTORI, maggio 2020 •
Difficile avere un quadro chiaro di quanto è successo e di cosa ci si prospetta dopo il ciclone Covid. Scatti in avanti e frenate, opinioni e dati contrastanti hanno contraddistinto i due mesi di emergenza sanitaria che il nostro Paese ha vissuto sinora. Abbiamo cercato delle chiavi di lettura, sentendo alcuni referenti rappresentativi di diversi segmenti del nostro settore, ovvero torrefazioni, pubblici esercizi e vending, ben consapevoli che la fotografia di oggi, ovvero fine aprile 2020, potrà essere già molto diversa da quella che avremo quando leggerete queste parole.
Al conte Giorgio Caballini di Sassoferrato, presidente onorario del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè e presidente del Consorzio di Tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, abbiamo chiesto in che modo il settore dovrà adattarsi alle nuove esigenze che ha fatto nascere questa emergenza sanitaria. Il pensiero è naturalmente rivolto alle misure anti-contagio di cui si parla da tempo, a partire dalle declinazioni che il distanziamento sociale potrebbe avere.
“Ci troviamo in una situazione assurda, ma se mi dice che questo è un momento unico e di svolta le rispondo che dal mio punto di vista non è così. Ci siamo dimenticati di Tucidide e del suo racconto della peste? Solo per fare un esempio… non è certo la prima epidemia questa – argomenta Caballini -. La mia speranza è che come il virus è arrivato, se ne vada via, e che quindi nel giro di qualche tempo si possa tornare al lavoro come prima. Andremo avanti ancora un paio di settimane, forse mesi, con la mascherina, ma poi, me lo auguro, l’archivieremo.
In questa emergenza non tutti i settori hanno sofferto, sappiamo bene che alcuni hanno continuato a lavorare e anzi hanno guadagnato di più – prosegue -. Altri sono stati colpiti profondamente dal lockdown, e indubbiamente i bar e i ristoranti sono tra questi. Tuttavia, la prospettiva di far riaprire i locali e applicare il distanziamento sociale, almeno nei termini in cui se ne sta parlando ora, non è una soluzione. Se la clientela può entrare solo a turno o i tavoli debbono essere dimezzati per mantenere la distanza prescritta, si dimezza la clientela e quindi il fatturato. E lo sappiamo che molti pubblici esercizi già prima non navigavano nell’oro… Guardando in prospettiva, mi auguro però che agosto possa rivelarsi un mese di recupero”.
La situazione drammatica dei pubblici esercizi trova riscontro anche nelle parole di Lino Stoppani, presidente FIPE – Confcommercio: “Le misure del Governo, ad oggi attuate, sono dal nostro punto di vista del tutto inadeguate rispetto ai grandi bisogni del settore, sui temi del credito, sui temi della liquidità, sulla fiscalità e soprattutto per la mancanza di indennizzi per le imprese costrette a chiudere e che hanno visto un forte calo di fatturato rispetto al 2019. Ai danni le beffe, con l’obbligo di dover pagare, probabilmente, i tributi locali come la tassa sui rifiuti o la tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche per dei servizi poi nella realtà non goduti, visto il lockdown che c’è stato.
Con la riapertura del Paese – prosegue il Presidente di Fipe-Confcommercio – gli italiani rischiano di non trovare più aperti né il bar sotto casa, né la trattoria di quartiere. Per questo, chiediamo al Governo e alla politica tutta un aiuto e uno sforzo in più per salvare un pezzo del nostro sistema produttivo che, con 85 miliardi di fatturato prodotto e 1.200.000 occupati, è un settore trainante del turismo e dell’economia del Paese”.
Condizioni in parte diverse quelle che riguardano il canale della distribuzione automatica. “Il vending, nonostante sia tra le attività a cui è stato concesso di poter continuare ad operare secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale dell’11 marzo 2020 (poi ricompreso in quello del 10 aprile 2020), ha perso circa il 75% del proprio giro d’affari nel giro di poco più di un mese per effetto della chiusura di scuole, università, luoghi di aggregazione, aziende e per il largo utilizzo dello smart working. – spiega Michele Adt, direttore CONFIDA Associazione Italiana Distribuzione Automatica -.
Ciononostante, il settore ha continuato a svolgere il proprio lavoro con impegno e dedizione forse anche maggiori di quelli abituali. Questo anche perché quel 25% di attività rimaste aperte sono attività in cui il distributore automatico svolge una funzione sociale: pensiamo al ristoro di medici e infermieri negli ospedali o delle forze dell’ordine nelle caserme o anche ai lavoratori di tutte quelle aziende delle filiere essenziali (dall’alimentare al farmaceutico) rimaste aperte. Le vending machine sono state installate anche negli ospedali da campo allestiti in varie città d’Italia per gestire l’emergenza Covid-19 e rappresentano l’opportunità per medici, infermieri e tutti coloro che lavorano, spesso con turni estenuanti, in queste strutture di avere una pausa caffè. Il settore della distribuzione automatica – prosegue Adt – sta continuando ad operare nel massimo rispetto di tutte quelle precauzioni necessarie e indicate dal Protocollo ministeriale sugli ambienti di lavoro: operando pulizie e sanificazioni straordinarie, fornendo a clienti e consumatori indicazioni precise su come effettuare un acquisto sicuro al distributore automatico; ossia, rispettando le distanze, approcciandosi uno alla volta al distributore e lavandosi accuratamente le mani o utilizzando gel a base alcolica prima di toccarlo. Si tratta di norme generali che si applicano a qualsiasi punto vendita ma che occorre seguire scrupolosamente in modo da consumare in sicurezza.
Queste accortezze ci accompagneranno anche nella cosiddetta «Fase2», quando potrebbero riaprire gradualmente le attività produttive e bisognerà impegnarsi tutti insieme a mantenere un alto livello di attenzione per uscire completamente dal pericolo Covid”.