La Colombia e il suo caffè: un legame profondissimo tra sfide passate e future

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“Intervista a Roberto Vélez: l’appello alla sostenibilità a partire dall’anello più debole”

• NOTIZIARIO TORREFATTORI, luglio e agosto 2020, autore Maria Cristina Latini •

Sono particolarmente lieta di presentarvi in questo numero del Notiziario Torrefattori un’intervista a Roberto Vélez, Direttore Generale della Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (Fnc), alla quale nel prossimo numero ne farà seguito un’altra.
Ciascuna di queste interviste approfondisce temi autonomi, ma che se considerati nell’insieme dello scenario del caffè colombiano, si vanno a completare e ad arricchire vicendevolmente.

Iniziamo, allora, con questa fotografia della Colombia e del suo caffè cercando di capire, insieme al rappresentante nazionale dei suoi coltivatori, che ruolo ricopra nel Paese questo prezioso prodotto, proseguendo con un assaggio delle tematiche più attuali a questo connesse.

 

Il valore del chicco, il raccordo generazionale e la responsabilità condivisa

Ci può fornire una breve storia del caffè dalla sua introduzione in Colombia ad oggi?
L’arrivo del caffè in America è attribuito da un lato agli olandesi, attraverso quello che oggi è il Suriname, e dall’altro ai francesi, attraverso le loro colonie, compresa l’attuale Guyana.
Il caffè arrivò dall’est all’inizio del XVIII secolo nel territorio di quella che oggi è la Colombia.
La più antica testimonianza scritta sulla pianta del caffè è attribuita al sacerdote José Gumilla che, nel suo libro intitolato “El Orinoco ilustrado” (1730), ha registrato la sua presenza nella missione gesuita di Santa Teresa de Tabage, tra i fiumi Meta e Orinoco.
Più a nord, a Salazar de las Palmas (una città di Santander) si dice che il sacerdote gesuita Francisco Romero, in confessione, per redimere i fedeli dai peccati imponeva loro la “penitenza” di piantare il caffè, cosa che contribuì alla sua diffusione nella regione.
Nel 1835 ebbe inizio la produzione commerciale di caffè in Colombia ed incominciarono le prime esportazioni.
Nel 1927 un gruppo di coltivatori di caffè visionari si unirono creando la Federación Nacional de Cafeteros (Fnc) perché li rappresentasse sia sul piano nazionale che internazionale, affinché stimolasse le esportazioni, garantisse il benessere e migliorasse la loro qualità di vita.
Oggi la Fnc rappresenta gli interessi di più di 500.000 famiglie di coltivatori di caffè in Colombia fornendo loro beni e pubblici servizi molto apprezzati, come ricerca e sviluppo, assistenza tecnica, promozione dei consumi a livello nazionale e internazionale e acquisto garantito di caffè, ciò che – rispetto ad altri paesi produttori – colloca la Colombia all’avanguardia nel settore.

Che ruolo ricopre il caffè nell’economia del Paese?
Per avere un’idea di ciò che rappresenti il caffè per la Colombia, basti dire che viene coltivato in lungo e in largo in più della metà del paese e, in molti casi, è il principale prodotto agricolo che si trova nella zona.
Nelle grandi zone rurali, la produzione del caffè rappresenta il motore dell’economia; qui il reddito che proviene dal caffè dà impulso ad altri settori come quelli alimentare e vestiario, oltre a quelli relativi alle abitazioni, alla salute, ai servizi pubblici, alle comunicazioni, ai trasporti e così via.
E per il Paese, nel suo complesso, il caffè rappresenta il 22% del PIL agricolo, il 12% del PIL agricolo e zootecnico e costituisce il principale prodotto agricolo esportato, ciò che si traduce in importanti ingressi di valuta e creazione di posti di lavoro.

Quali sono le speranze di un colombiano che lavora nel settore del caffè in relazione al caffè che il proprio Paese produce?
I coltivatori di caffè e i colombiani in generale hanno ben chiaro il fatto che il Paese produca quello che viene considerato il migliore caffè del mondo, per qualità, morbidezza e consistenza.
L’importante è che gli altri attori della catena riconoscano e premino questa grande qualità con prezzi migliori per il produttore. Visto che la quotazione internazionale, che è soggetta a molte speculazioni finanziarie, negli ultimi anni non ha rispecchiato il valore reale del chicco e quanto costa produrlo.

In che modo il cambiamento climatico sta influendo sulle coltivazioni dei caffè?
Molto. Gli eventi meteorologici estremi, come precipitazioni eccessive o siccità, sono sempre più frequenti.
Per via delle piogge intense, nel 2009 ci fu un forte attacco di roya ai raccolti. Per fortuna, grazie alla ricerca scientifica condotta dalla Fnc, la Colombia ha sviluppato una coltivazione di caffè sempre più resistente alla variabilità climatica.
Ma se la temperatura media del pianeta continuerà a salire, molte aree attualmente favorevoli alla coltivazione del caffè cesseranno di esserlo e lo si dovrà coltivare sempre più in alto in montagna ed essendo, le montagne, fonte di produzione di acqua, ancora di più queste montagne, appunto, debbono essere preservate.

Quali erano le sfide che il settore del caffè in Colombia ha affrontato prima della pandemia (Covid-19)?
I bassi prezzi a livello internazionale, che come dicevo, non riescono a coprire i costi di produzione.
Questo è il motivo per cui abbiamo insistito con il nostro appello alla responsabilità condivisa di tutti gli attori della catena, affinché l’industria sia veramente sostenibile, a partire dall’anello più debole che è il coltivatore del caffè.

Com’è cambiato e che ripercussioni sta avendo il lavoro nel vostro settore, da quando si è diffuso il Covid-19?
La nostra priorità è quella di prenderci cura della salute dei produttori, delle loro famiglie e dell’intera comunità del caffè lungo tutta la catena. E per continuare a produrre e ad esportare caffè, abbiamo sviluppato rigorosi protocolli di sicurezza con l’approvazione delle Autorità nazionali, visto che la produzione di caffè è considerata un’attività essenziale. Ciononostante, abbiamo riscontrato alcuni problemi con la disponibilità della manodopera e la libertà di circolazione.

Quali sono le sfide odierne del settore del caffè colombiano?
La sostenibilità intesa come dimensione economica, sociale e ambientale, per la quale è essenziale migliorare il reddito dei produttori e la corresponsabilità di tutto il comparto.
Nella situazione attuale causata dal covid-19, la salute rappresenta la sfida principale, ma sappiamo che è qualcosa di congiunturale e passerà.
D’altro canto, il cambiamento climatico è una sfida che il mondo intero deve affrontare con maggiore impegno e decisione da parte dei governi, delle aziende e della società nel suo complesso.

La pandemia come influirà sull’offerta del caffè colombiano?
Abbiamo avuto a che fare con alcune restrizioni relative alla mobilità e con scarsità di manodopera, ma con il sostegno delle Autorità, che hanno ben chiara l’importanza di questo settore come motore dell’economia, abbiamo superato alcuni inconvenienti.

Quali sono le sfide del futuro?
Per il 2027, proprio per quando la Fnc compierà 100 anni, ci siamo prefissati l’obiettivo che la coltivazione del caffè colombiano divenga “sostenibile” al 100%.
Al fine di perseguirlo bisogna tenere in considerazione tre fattori cruciali che sono quello economico, quello sociale e quello ambientale, oltre al fatto che una migliore redditività consente al produttore di effettuare gli investimenti necessari in materia ambientale. E dobbiamo anche garantire il passaggio generazionale, in modo tale che i più giovani rimangano sul campo e continuino questa attività.

Quali altri temi le stanno particolarmente a cuore?
Soprattutto, garantire il benessere dei coltivatori di caffè e delle loro famiglie, che poi è la missione della Fnc sin dalla sua nascita.
E da quando – nel 2015 – ricopro questo incarico, mi sono prefisso l’obiettivo di migliorare la redditività dei produttori, affinché possa esserci un commercio più equilibrato dove il “caficultore” – che è l’anello più debole della catena – possa vedere retribuito lo sforzo che compie per produrre un caffè di altissima qualità e in tal modo raggiungere, lui con la sua famiglia, una migliore qualità di vita. La sostenibilità di tutta la catena è una responsabilità comune a tutti gli attori che ne fanno parte.

 

Il valore della tazzina parte dal riconoscimento della remunerazione del prodotto all’origine, dalla valorizzazione del lavoro delle persone, lungo tutta la filiera

Continuiamo la nostra panoramica sul settore del caffè colombiano concludendo con questa seconda intervista a Roberto Vélez, Direttore Generale della Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (Fnc), che continua ad accompagnarci nella descrizione del caffè del proprio Paese, rispondendo puntualmente ed esaustivamente alle nostre domande, permettendoci di immaginare volti di donne e di uomini, aiutandoci a mettere a fuoco il positivo di ciò che ci distingue e che nello stesso tempo ci unisce. Roberto Vélez, con la sua prospettiva, ci regala ancora una volta una descrizione del caffè percepibile come prodotto nella sua interezza, nella sua più positiva globalità, facendoci sentire parte di un entusiasmante tutt’uno, nel quale ad essere protagonista è il valore della vita delle persone.

Può darci tre aggettivi per descrivere il mondo del caffè colombiano?
Organizzato, resiliente e di qualità.

Ci può descrivere una buona tazza di caffè della Colombia?
È una tazza molto pulita di altissima qualità, che consente di percepire chiaramente i migliori attributi, come corpo, acidità e aroma.
È una bevanda dal gusto morbido, molto aromatico e con un’ampia varietà di note come cioccolato, frutti rossi e agrumi.

Cosa vorrebbe comunicare ai torrefattori italiani?
La cultura italiana apprezza i prodotti di qualità e la loro origine e nell’industria del caffè l’Italia è all’avanguardia con le migliori macchine del mondo per fare il caffè espresso.
I torrefattori italiani, focalizzati sulla qualità, sono partner strategici del caffè colombiano, poiché condividiamo gli stessi ideali.
L’ingrediente fondamentale per ottenere la migliore tazza di caffè è la qualità intrinseca del chicco.
La Colombia produce il migliore caffè del mondo, con profili di tazza per tutti i gusti, inoltre è stato il primo prodotto al di fuori dell’UE a poter contare su di una Indicazione Geografica Protetta, uno standard di tracciabilità e di qualità molto apprezzato nella cultura italiana.
L’Italia costituisce un mercato molto importante per il nostro caffè, con una forte crescita di “cafés especiales”, caffetterie specializzate, Q-grader e campioni baristi. Baristi esperti hanno sviluppato tecniche di estrazione del caffè colombiano in espresso che in tazza ne esaltano le caratteristiche spettacolari. Infatti, i campioni spesso usano il caffè colombiano nelle loro competizioni.
Durante il 2019, il marchio “Café de Colombia” era presente in Italia in occasione di numerosi eventi di settore. Abbiamo partecipato ad attività promozionali (in occasione del Sigep, del Trieste Coffee Experts e di Host Milano) e a visite a clienti che ci hanno permesso di concludere ottimi affari, a partire dalla vendita di micro-lotti ad interi container del migliore caffè del mondo. Vi invitiamo a continuare ad esplorare le meraviglie del “Café de Colombia” per sapere di più su ciò che ha da offrire.

La cultura italiana del caffè come viene percepita in Colombia?
È una tradizione che non comprende solo la bevanda, ma che si riferisce al rituale stesso di bere il caffè, quando si fa una pausa o durante una conversazione amichevole, oppure per concedersi una sosta al bancone per gustarsi il caffè.
La cultura del caffè italiano è percepita come una cultura del caffè legata alla tradizione dell’espresso, un caffè forte, ottenuto con la macchina per fare il caffè espresso, appunto.
Le nuove tendenze del mercato del caffè indicano un aumento della domanda di caffè “premium” e del segmento dei marchi mono-origine. Negli ultimi anni abbiamo registrato una crescita esponenziale del numero di marchi di caffè 100% colombiano. Invitiamo tutti i torrefattori italiani che non hanno ancora marchi mono-origine a lanciare marchi di caffè 100% colombiano, con Indicazione Geografica Protetta.

La Colombia punta a un caffè sempre più di qualità?
Sì. Tenendo presente che la redditività dei produttori, insieme alla sostenibilità dell’intera catena, sono una priorità e, sebbene produciamo già caffè di alta qualità – che ci ha dato rinomanza mondiale – vogliamo produrre caffè unici ed eccezionali di qualità sempre superiore, poiché questi “cafés especiales” si traducono in redditi migliori per i produttori, attraverso relazioni più dirette con gli acquirenti. Per questo lanciamo appelli ai coltivatori di caffè sull’importanza di seguire le migliori pratiche che consentano loro di conservare e migliorare le qualità intrinseche del chicco.

Che ruolo ricoprono le donne nel settore del caffè in Colombia?
Da protagoniste. Ci sono donne che ricoprono ruoli lavorativi su tutta la catena di produzione e ciò è confermato dal numero sempre crescente di bariste, assaggiatrici, imprenditrici o proprietarie di aziende agricole.
Le donne rappresentano la colonna portante delle famiglie che producono caffè, perché si impegnano, uniscono, mettono ordine e gestiscono molto bene le risorse. Ci sono anche sempre più rappresentanti donne nella Fnc e intendiamo continuare di questo passo, fino a che raggiungeremo una vera e propria uguaglianza di genere nel settore.

Può farci qualche esempio di donne che lavorano in questo settore?
Più che dare nomi in particolare, lascio parlare le cifre: il 30% (155.022) dei produttori di caffè del Paese sono donne, cosa che si traduce in 26,1% (225.805) ettari dell’area coltivata. E nel 2018 esistevano già 72 entità guidate da donne.
Anche la loro rappresentanza sindacale nella Fnc è in aumento. Dopo le “elezioni del caffè” del 2018 (ogni quattro anni i produttori di caffè eleggono i propri rappresentanti sindacali), la loro rappresentanza è aumentata dall’8% al 15% (29) nei 15 comitati dipartimentali e dal 16% al 24% (1.094) nei 383 Comitati comunali. E molte delle posizioni esecutive e direttive della Fnc sono ricoperte da donne.

Vuole lanciare un messaggio positivo sul mondo del caffè?
L’attuale pandemia ci ha mostrato quanto siamo interconnessi, indipendentemente dalla nostra posizione geografica. La grande lezione per il mondo del caffè è l’importanza della cooperazione lungo la catena di approvvigionamento.
Il mondo del caffè non esisterebbe se non fosse per le mani laboriose dei coltivatori di caffè a livello globale.
Il mondo del caffè è un mondo che genera vita, che ispira cooperazione, unione e passione, con un alto contenuto sociale e culturale in tutti gli aspetti e che, come l’umanità stessa, presenta sfide e ci richiede resilienza.
Ogni chicco necessario a preparare una tazza di caffè porta con sé il duro lavoro di tante persone, “l’impronta” di chi lo coltiva e della terra dove viene prodotto, ciò che rende ogni tazza un prodotto unico e prezioso. I consumatori e i torrefattori devono esserne consapevoli, devono sapere chi c’è dietro ogni tazza che assaporano e devono “connettersi” con questa passione che ci guida.
C’è ancora molta incertezza sull’impatto che il Covid-19 avrà sul consumo del caffè a livello globale. Ciononostante, è il momento di esplorare nuove opportunità commerciali, sviluppare piattaforme di vendita on-line con contenuti e racconti sull’origine del caffè, sulle sue caratteristiche e con le belle storie di chi lo ha prodotto.
Ad esempio, invitiamo l’industria italiana della torrefazione a lanciare campagne promozionali on-line che mostrino i paesaggi e le montagne dove il caffè è cresciuto. In questo periodo di confinamento, tutto ciò consente ai consumatori di “sentirsi” in queste terre paradisiache, mentre bevono il migliore caffè del mondo: il “Café de Colombia”.