L’origine dell’ingrediente primario nelle etichette alimentari

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“Il regolamento UE 775/2018”

• NOTIZIARIO TORREFATTORI, febbraio 2020, autore Marco Valerio Francone • 

Il nuovo Regolamento UE 775/2018 recante modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011, introduce i requisiti per l’indicazione in etichetta del paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento. Il nuovo regolamento introduce requisiti volti alla prevenzione verso comportamenti illeciti quali l’indicazione falsa o non chiara in merito all’origine del prodotto che spesso creano confusione (volontaria e non) nel consumatore, orientandone l’acquisto in modo fraudolento o quanto meno non consapevole.
Il Regolamento UE 775/2018 in linea indiretta rappresenta anche uno strumento per contrastare le pratiche ingannevoli verso i prodotti Italiani, spesso oggetto di emulazioni (fenomeno alcune volte chiamato “Italian Sounding”) finalizzate alla vendita di prodotti NON Italiani ma riportando informazioni, denominazioni, riferimenti geografici ecc.. tipici della nostra nazione.
Il regolamento UE 775/2018 nasce a seguito di quanto definito nell’articolo 26, paragrafo 2, lettera a), del Regolamento UE 1169/2011 il quale dispone che l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o luogo di provenienza reali dell’alimento finale in questione, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza.
Sempre nel Regolamento UE 1169/2011 l’articolo 26, paragrafo 3 stabilisce inoltre che deve essere indicato il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario, oppure il paese d’origine o luogo di provenienza dell’ingrediente primario come diverso da quello dell’alimento, questo nel caso in cui il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario.
Già dal 2015 alcune categorie di prodotti come le carni fresche suine, caprine, ovine e la carne di volatili, sono state normate in modo più stringente circa la loro provenienza, tuttavia restavano ancora esclusi alimenti come il grano, la pasta o il latte e suoi derivati.
Il Regolamento UE 775/2018 ha voluto colmare questo vulnus ma, sebbene sia stato approvato da molti degli stati membri, ha suscitato da subito diverse controversie sulla sua concreta applicazione, soprattutto in quegli alimenti che sono realizzati con molti ingredienti inseriti con percentuali similari.
Se si legge attentamente il Regolamento UE 775/2018 si nota come sia difficilmente applicabile per esempio nei casi di prodotti che non vantano alcun riferimento geografico, oppure che non indica nè con immagini nè con diciture specifiche le origini degli ingredienti. In tal caso infatti non vi è alcun obbligo di indicare il luogo di provenienza nè dell’alimento nè del suo ingrediente primario.
Analisi del regolamento UE 775/2018
Al considerando 5, il regolamento cita che le indicazioni volontarie come quelle geografiche quali DOP, IGP, ecc…, che sono incluse nella denominazione dell’alimento o l’accompagnano, possono anche far parte delle denominazioni di prodotto protette da specifiche normative dell’UE in quanto indicazioni geografiche o marchi d’impresa. 
Per “marchio di impresa” si intende ai sensi dell’articolo 7 del Codice della Proprietà “[…] tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.
La finalità dei marchi d’impresa è spesso quello di consentire al consumatore di individuare facilmente il collegamento tra una particolare fonte o origine commerciale e il/i prodotti e/o servizi specifici. 
Anche gli specifici marchi di identificazione richiesti dal Regolamento CE 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale e che accompagnano un alimento, non sono considerati un’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza.
Al considerando 6, il regolamento specifica che le indicazioni del paese d’origine o del luogo di provenienza di un alimento che fanno parte delle denominazioni di prodotto protette in quanto indicazioni geografiche e che rientrano nel campo di applicazione dei regolamenti UE 1151/2012, UE 1308/2013, CE 110/2008 o UE 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento UE 1169/2011. 
Va però considerato che essendo già prodotti con denominazioni specifiche e per i quali esiste un legame intrinseco tra le caratteristiche del prodotto e l’origine geografica, che godono di requisiti di etichettatura dedicata nonché del loro carattere specifico in quanto diritti di proprietà intellettuale, l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento UE 1169/2011 potrebbe essere valutato in modo differente rispetto a prodotti alimentari convenzionali.
Articolo 1: 
Ambito di applicazione
Comma 1: Il regolamento UE 775/2018 stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento UE 1169/2011, quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche, ad eccezione dei termini geografici figuranti in denominazioni usuali e generiche, quando tali termini indicano letteralmente l’origine, ma la cui interpretazione comune non è un’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza.
Comma 2: Il presente regolamento non si applica alle indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti UE 1151/2012, UE 1308/2013, CE 110/2008 o UE 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, né ai marchi d’impresa, registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indicazione dell’origine, in attesa dell’adozione di norme specifiche riguardanti l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, a tali indicazioni.
Il Comma 2 limita fortemente il campo di applicazione da una parte semplificando le attività pratiche agli OSA ma dall’altra andando contro ai vari considerando del Regolamento.
Articolo 2: 
Indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario
L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza di un ingrediente primario, che non è lo stesso paese d’origine o luogo di provenienza indicato per l’alimento, dovrà essere fornita:
a) con riferimento a una delle seguenti zone geografiche:
    i. “UE”, “non UE” o “UE e non UE”;
   ii. una regione o qualsiasi altra zona geografica all’interno di diversi Stati membri o di paesi terzi, se definita tale in forza del diritto internazionale pubblico o ben chiara per il consumatore medio normalmente informato;
   iii. la zona di pesca FAO, o il mare o il corpo idrico di acqua dolce se definiti tali in forza del diritto internazionale o ben chiari per il consumatore medio normalmente informato;
   iv. uno o più Stati membri o paesi terzi;
   v. una regione o qualsiasi altra zona geografica all’interno di uno Stato membro o di un paese terzo, ben chiara per il consumatore medio normalmente informato;
vi.il paese d’origine o il luogo di provenienza, conformemente alle specifiche disposizioni dell’Unione applicabili agli ingredienti primari in quanto tali;
b) oppure attraverso una dicitura del seguente tenore:
“(nome dell’ingrediente primario) non proviene/non provengono da (paese d’origine o luogo di provenienza dell’alimento)” o una formulazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore.
La definizione di “ingrediente primario” possiamo trovarla nel Regolamento UE 1169/2011 che definisce ingrediente primario come l’ingrediente o ingredienti di un alimento che ne rappresentano più del 50% o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore […].
Ricordiamo ancora una volta che l’indicazione del paese di origine o luogo di provenienza dell’alimento è richiesta ai sensi del Regolamento 1169/2011 art. 26 paragrafo 2 solo se la sua omissione potrebbe indurre in errore il consumatore in merito all’origine dell’alimento.
Articolo 3:
Presentazione delle informazioni
L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza di un ingrediente primario, che non è lo stesso paese
1. Le informazioni fornite a norma dell’articolo 2 sono riportate con caratteri di dimensioni non inferiori a quelle previste dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento UE 1169/2011.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, se il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato con parole, le informazioni fornite a norma dell’articolo 2 appaiono nello stesso campo visivo dell’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’alimento e in caratteri la cui parte mediana (altezza della x) è pari ad almeno il 75 % di quella utilizzata per l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’alimento.
3. Fatto salvo il paragrafo 1, se il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento non è indicato con parole, le informazioni fornite a norma dell’articolo 2 appaiono nello stesso campo visivo dell’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’alimento
Conclusioni e osservazioni
La veridicità e trasparenza delle informazioni rappresenta un valore sociale prima che economico e la presenza di norme che ne garantiscano questo valore è sicuramente un valore aggiunto per tutta la società. Anche la tutela dei luoghi e paesi di origine significa accrescere il valore e rispettare alcune tradizioni, soprattutto in un paese come il nostro, l’Italia.
Tuttavia, il carattere della norma in questione lascia troppi vuoti e soprattutto rischia di mettere in seria difficoltà (ancora una volta) i piccoli produttori incapaci spesso di poter standardizzare gli acquisiti ma molto più spesso costretti a cambiare le provenienze a fronte di un mercato molto volubile. Questo implica la continua revisione delle etichette che di fatto, non è sostenibile.
Il rischio è quello di andare ancora una volta in una condizione di inapplicabilità della norma se non dai grandi gruppi industriali, forti di politiche di acquisto centralizzate. Il valore dell’Italia però è rappresentato da piccoli e medi produttori specializzati e forti 
di un’impareggiabile qualità.