Sicula ma, per scuola di pensiero, napoletana

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“La Arabicaffè di Catania. Una storia iniziata in un’antica drogheria, che ha preso il volo con gli alleati ”

• NOTIZIARIO TORREFATTORI, gennaio 2021, autore Alberto Medda Costella

La torrefazione Arabicaffè nasce a Catania nel 1953. Il secondo conflitto mondiale, che ha visto a pieno titolo il coinvolgimento della Sicilia, raggiungendo l’apice con lo sbarco anglo-americano nell’isola, è terminato da appena otto anni. Santo Longo, Vincenzo Musumeci e Francesco Bonaccorsi, tre amici che fino a quel momento avevano gestito le loro personali attività, decidono di mettere in piedi una torrefazione. Se il dottor Bonaccorsi lavorava nella ristorazione da generazioni e il dottor Musumeci era occupato in tutt’altra mansione, Santo Longo gestiva insieme al padre Raffele una grande drogheria nella centralissima Via Umberto della città etnea.

“La casa del caffè era la drogheria che vendeva più cioccolata da Roma in giù – dice Raffaele, omonimo nipote di Longo Senior -. Dopo lo sbarco degli alleati era molto frequentata dagli americani e dagli inglesi. Mio nonno, che era un grande esperto di caffè, mi raccontava di un aviatore americano che, una volta trasferito a Taranto, andava con l’aereo, avanti e indietro da Catania, per comprare la cioccolata e il caffè”.
L’Arabicaffè muove i primi passi in Piazza Carlo Alberto, in un piccolo laboratorio.
Una volta avviata la torrefazione, la drogheria viene però venduta. Il nome scelto così come il logo volevano richiamare i paesi da cui storicamente veniva importato il caffè crudo. “Pensi però che in Inghilterra – riprende Longo – i sudditi di Sua Maestà scambiavano la nostra azienda per una torrefazione orientale e non italiana. Capimmo che per quel mercato dovevamo cambiare qualcosa e studiammo così una nuova confezione, dedicata al compositore italiano di fama mondiale, nostro concittadino, Vincenzo Bellini”.

A 67 anni dalla fondazione l’azienda oggi è sempre suddivisa per un terzo tra le tre famiglie originarie. A rappresentarle, oltre che Raffaele per i Longo, Alfio Conti per i Bonaccorsi e Michele Roccuzzo per i Musumeci. “Operativi in azienda in questo momento ci siamo io e Alfio. Lui iniziò a lavorare molto giovane, frequentando le varie parti dell’azienda, impratichendosi in settori diversi. Mentre io lavoravo nel settore informatico, ma partecipavo alle fiere insieme a Michele Roccuzzo, che, dopo aver lavorato in ambiti differenti, era nel frattempo diventato amministratore. Quando Michele dovette poi prendersi carico dell’azienda del suocero nel 1997, e quindi rinunciare a gestire direttamente la torrefazione, mio padre mi propose di assumere la responsabilità dell’Arabicaffè, dato che lui, anziano e con problemi di vista, non poteva più occuparsene. In questo modo divenni amministratore, mentre Alfio proseguì nel suo lavoro occupandosi del marketing aziendale. Michele, nonostante il nuovo impegno, ha comunque nel tempo continuato a partecipare nel consiglio d’amministrazione e a non far mancare i suoi preziosi consigli”.

Nei precedenti articoli abbiamo evidenziato come l’Italia, paese per eccellenza del caffè espresso, si caratterizzi per una tradizione di gusto, differente a seconda del territorio. “Il caffè che si beve al nord è diverso dal nostro, come è diverso quello che si beve in Olanda o in Francia. Al sud si preferisce un caffè un po’ più corposo e forte. Qui ci sono però due scuole di pensiero, quella palermitana e quella napoletana.
Noi pur essendo in Sicilia siamo più vicini a quella napoletana. A Palermo viene tostato un caffè molto scuro e se non si beve l’acqua dopo il caffè la gola brucia.
Mentre la scuola napoletana dice che prima del caffè si deve bere un bicchiere d’acqua per ripulirsi il palato per poi tenere in bocca l’aroma il più a lungo possibile, dal gusto non troppo acido, ma dolce”.
I clienti di Arabicaffè arrivano da Calabria, Campania, Toscana, Piemonte, Sardegna, etc. “All’estero siamo presenti in vari paesi, ma sono soprattutto la Germania e l’Olanda il nostro mercato principale. Iniziammo con Berlino nel 1991, per poi passare ad altre città tedesche. Andammo poi nei Paesi Bassi. Un olandese, figlio di italiani, ci fece visita. Inizialmente pareva non interessato al nostro caffè, ma venne colpito dai nostri barattoli salva-aroma. Gli piacquero e ci fece un ordine di 24 barattoli da mezzo chilo. Grazie a quel cliente, oggi esportiamo nel paese dei tulipani 30 tonnellate di caffè all’anno”.
Oltre alla Germania, all’Olanda e all’Inghilterra, l’Arabicaffè viene venduto in anche in Belgio, Canada e Stati Uniti d’America. Ebbene sì, proprio quest’ultimo, patria di quell’aviatore a stelle e strisce, che, faceva la spola tra Taranto e la Sicilia a bordo del suo aereo, per acquistare caffè di qualità in via Umberto, nella città di Catania.